Come ho ripreso a fare Yoga
Come annotava Simone de Beauvoir, si può scrivere quello che si è vissuto. Perché raccontare di dieci giorni di malessere? Qualcuno sui Social mi ha scritto che dovevo farmi forza, ma no, non era questo l’obiettivo, non cercavo coraggio. Volevo solo raccontare come il mio corpo si è difeso e con quanta dolcezza e accoglienza è tornato alla vita quotidiana.
Cominciamo. Una sera di febbraio ho avuto un improvviso malessere. Sono abituata ad ascoltare i segnali del corpo, e quell’improvviso e insolito star male mi ha spinto ad annotare quello che mi stava accadendo. Come tutti, quando indossiamo le mascherine, avevo notato un aumento dell’umidità dovuta al vapore acqueo e al respiro, e avevo attribuito questa differenza alla maggiore umidità dell’aria. Per tutto il pomeriggio una sensazione di stanchezza fluttuante, fino a quando il tampone in farmacia ha decretato la positività. Sono tornata a casa pensando che tutto sommato non stavo malissimo.
Poi la sera il corpo si è dedicato alla difesa immunitaria, dicendo di no a tutte le altre attività. No alla cena, no alla chiacchera, no a tutto. Solo febbre, che è salita e salita fino a sfibrarmi. Cercavo di mantenere la presenza del respiro. Semplicemente inspirando ed espirando. Mi dicevo, io che parlo sempre di Yoga, trovo una soluzione adesso? Posso trovare nello Yoga degli strumenti che mi aiutano anche in queste circostanze? E mi rassicuravo, dicendo, “respiriamo”. Durante i momenti lucidi, quando non stavo proprio malissimo, ho praticato una forma molto rilassata di Pranayama.
Dopo una notte di “battaglia” sono tornata in piedi, lentamente, piano piano, stordita ancora da un mal di testa forte e insolito per la mia routine quotidiana.
La cosa interessante è che ogni giorno compariva un sintomo diverso, come se il corpo stesse allertando diversi punti “sensibili”. Un giorno la gola, un giorno l’intestino, un giorno la testa…. E tanta stanchezza. Che ho anche accolto, perché se la battaglia immunitaria era intensa, trovavo normale che il corpo avesse bisogno di riposo. Poi, a poco a poco ha ripreso funzionalità, ed energia.
Trovo ancora bello dormire, mi alzo con maggior pigrizia rispetto alla normalità, ma in fondo, in cosa consiste la “normalità”?
Durante la notte, anche questo insolito per me, non riuscivo a dormire. Mi svegliavo con pensieri assurdi e improbabili, lontani anni luce dall’essere un’urgenza. E anche in quei momenti, cercando nella pratica una possibilità, mi sono dedicata al Pranayama.
Ce lo faceva fare spesso Amadio Bianchi durante i primi anni di corso, si tratta di un approfondimento dell’Anuloma Viloma Krya.
E poi lentamente, con calma rassegnazione, i pensieri assurdi si scostavano e il corpo tornava a riposare.Nel frattempo, mi era tornato l’appetito.
Ma l’unica voglia di cui avevo fame erano gli agrumi e verdure con forte presenza di vitamine, specie C. Sarei stata anche al sole, ma ho scelto proprio la settimana più uggiosa di tutto l’anno per ammalarmi, e quindi niente raggi salutari, e poca vitamina D.
Dopo circa 7 giorni ho sentito il bisogno di riprendere a praticare, ma non avendo l’intero potenziale energetico a disposizione, mi sono chiesta, cosa fosse possibile fare per non stancare il corpo ma piuttosto per riprendere contatto con lui.
Durante i giorni precedenti avevo sperimentato che la sensazione di strettezza al torace mi trasmetteva una sensazione di accelerazione del battito cardiaco. In realtà era da attribuire a una situazione di irrigidimento del Diaframma. Ma questo lo realizzo ora.
In quei momenti sentivo il bisogno di aprire il torace, lasciando spazio al Timo e alle sue Cellule- T così di modo in questi anni di Pandemia. Le cellule – T infatti maturano nel Timo e si preoccupano di difenderci (non vogliatemene, non sono medico, ma mi piace immaginarle come dei giovani e aitanti battaglieri che ci liberano da presenze inutili).
Ho quindi deciso di programmare una sequenza che comprendesse: Pranayama equilibrante, movimenti per ampliare lo spazio del Timo e successivamente del cuore, evitando una pratica molto intensa per non privare il corpo di energia. Energeticamente parlando: aprire il torace, generare amore incondizionato, lasciando andare le paure e accogliendo gentilezza e accettazione dell’istante presente.
E poiché il Timo è sensibile ai suoni, ho dato via libera al canto dei mantra e mi sono concessa una sessione di campane tibetane. E poi …? Poi ho ripreso a fare Jala Neti, appena il muco si è dileguato. Lavaggi nasali con acqua e sale per pulire le antenne praniche (alternati da un lavaggio con il latte)… Ho insomma fatto appello a Yoga, Ayurveda e tradizioni familiari per mantenere alte le difese del mio sistema immunitario.
Così, è andato via. Mi ha lasciato alle mie pratiche quotidiane, alle mie attività che stanno lentamente riprendendo. Non ho avuto paura, ho lasciato fluire, scorrere, senza arginare o nascondere. E tutto passa….
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